EXIST RESIST
“La guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri”. Con queste paroleHannah Arendt smonta ogni ideologia che ritenga possibile costruire la pace preparando la guerra.
Quando la guerra è assunta a pretesto per rivendicare i diritti stiamo entrando in un processo disumano in cui i reciproci volti sono negati e la contesa è solo sul piano del potere.
Il male che sta a monte delle farraginose motivazioni per muoversi in guerra è dato dall’individualismo dove l’umano perde la sua capacità relazionale centrandosi in se stesso.
Oggi questo processo è ancora più intricato perché l’individualismo è stato assunto a sistema culturale per cui il modello propinato è quello del riuscire ad essere autosufficienti e di non avere bisogno dell’altro.
Un’equazione elementare alimentata da un’illusione di appagamento illimitato e, di conseguenza, oggettificante dell’umano che ci circonda.
Spostare la riflessione sul piano dei diritti equivale a porre le basi per la costruzione della pace ma i diritti hanno il carattere della reciprocità e aprono all’ascolto e all’accoglienza dell’altro. Invece il significato dei diritti attualmente viene contaminato dal pensiero onnipotente per cui si confonde il diritto con l’espressione del narcisismo autoreferenziale: “il mio benessere diventa il criterio per riconoscere o meno i diritti altrui”.
Il quadro dei diritti, piuttosto, è molto più ampio ed è relazionale e cioè connesso con la libertà reciproca, col diritto ad esserci e a potere coltivare un futuro, con il diritto all’amore e alla solidarietà, con il diritto alla gratuità disinteressata. È per questo senso relazionale che i pescatori del Mediterraneo così come le navi umanitarie continuano a trasgredire le norme che li vorrebbero fermi nel lasciare morire i naufraghi che chiedono aiuto prima di essere travolti dalle onde.
La pace non è questione di potere e nel senso evangelico che ricordiamo in questa domenica (Lc 10, 1-20) diventa espressione della testimonianza cristiana. La missione dei discepoli, infatti, è scandita secondo le coordinate della comunione traducibili nel cammino condiviso, nella essenzialità priva di accumuli, nella sobrietà e negli incontri per non legare a sé chi riceve il dono dell’Annuncio.
Il Maestro invia i discepoli “come agnelli in mezzo ai lupi” per indicare che a loro è dato un modo di stare nella storia senza assumere modalità reattive in base al contesto. Troppo spesso vediamo le persone cambiare perché ciò che le circonda le ha incattivite.
Il Vangelo strappa da questo determinismo e offre una possibilità di rispondere alle provocazioni della vita in modo inedito. Non è una questione di potere perché l’agnello rimane più debole ma è capace di comunicare un nuovo modo di stare nelle interazioni offrendo la possibilità del cambiamento.
È quello che è successo – secondo la testimonianza del killer – durante l’incontro tra padre Pino Puglisi e Salvatore Grigoli che a motivo di quella pace testimoniata dal parroco di Brancaccio si è convertito alla visione del Vangelo.
L’apparente insuccesso di don Pino diventa la vittoria sul male e ciò è possibile perché il testimone non parla di se stesso con la sua esistenza ma parla del Signore che serve.
Seminare la pace è la missione del discepolo che pertanto riceve delle indicazioni puntuali per farsi prossimo ed accorciare ogni possibile distanza, prima fra tutte l’inimicizia. L’immagine è associabile a quella del sale e del lievito che si mischiano fino a scomparire ma dando sapore e consistenza ai cibi. La testimonianza cristiana, allora, andrà riconosciuta oltre le apparenze e porterà frutto quando risuonerà interiormente in chi l’ha ricevuta.
Oggi la nostra Comunità di Danisinni sosta attorno al tema del genocidio di cui è vittima il popolo palestinese. Una mostra collettiva dal titolo EXIST RESIST, albergherà nella Cripta della chiesa. C’è Resistenza, desidera offrire uno spazio di pensiero e partecipazione per condividere esperienze e possibilità nuove per ritornare umani attraverso la via della pace.
La strage che attraversa il popolo palestinese a Gaza ha mietuto più di 60.000 vittime sotto il fuoco israeliano senza contare quanti sono morti a motivo degli stenti, ben oltre 100.000. La Cisgiordania continua ad essere invasa attraverso il progetto di colonizzazione che sempre più porta all’espansione dei confini israeliani e questo procura continue violenze e soprusi in tutto il territorio.
Eppure il nostro mondo di fronte a queste atrocità sta a disquisire se si tratti o meno di un “genocidio” come se si stesse a discutere sulle azioni viste durante una partita allo stadio…
Si è arrivati persino alla organizzazione di tour per vedere dal vivo attraverso un cannocchiale i bombardamenti sulla Striscia. Dalla collina sopra Sderot i turisti dell’orrore si affacciano per nutrirsi della sofferenza altrui…
È questo il mondo che vogliamo? Desideriamo davvero arrivare tutti a questo livello di inciviltà? In caso contrario abbiamo bisogno di mettere in discussione il sistema competitivo che anima il mondo contemporaneo dove il budget economico a cui ambire detta il livello di spietatezza a cui si deve arrivare.
La Comunità di Danisinni non ci sta e in segno di resistenza per una proposta alternativa accoglie la mostra collettiva e lo spazio musicale e di riflessione per sensibilizzare sulla drammaticità del genocidio di cui è vittima il popolo palestinese.
La mostra collettiva intitolata EXIST RESIST esprime il bisogno di reagire all’ingiustizia attraverso il linguaggio artistico della bellezza. Senza bellezza sarebbe impensabile abitare il nostro mondo, impossibile il cambiamento, tutto saprebbe di morte e vana sarebbe la nostra fede.