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Ricerca di Dio

La mancanza rivela la Presenza

Dobbiamo fare i conti con un’assenza. Il segno del mattino di Pasqua è la tomba vuota con i teli afflosciati perché un corpo si è sottratto ad ogni possibile tenuta.

L’assenza di un corpo unita alla corsa dei discepoli e al “non piangere” e al “non trattenere” sono ingredienti che caratterizzano questa mattina di luce senza tramonto.

La pietra è rotolata via per permettere ai discepoli di vedere e credere perché  la fede poggia su ciò che sfugge alla percezione immediata. È un’altra via la Pasqua, non il calcolo di ciò che dovrebbe avvenire ma la sorpresa di quello che il Padre propone aldilà della possibilità umana.

I segni, però, rivelano la presenza e quando rimaniamo in ascolto guidano il cammino. Qualcosa di analogo accade in queste mattine quando passeggiando per la Fattoria comunitaria di Danisinni veniamo sorpresi dall’aroma del gelsomino appena fiorito che si spande in tutta l’area e questa percezione stimola la memoria affettiva che rimanda all’infanzia, a quando decoravamo le case con il gelsomino nei giorni di festa o, ancora, quando si preparava il gelo fatto con l’anguria e poi aromatizzato con il gelsomino appena raccolto.

È la memoria di un calore antico che riscalda il presente e ci spinge a guardare avanti aprendoci alla meraviglia dei giorni. Accade che il tempo quando è attraversato rimanendo aperti alla sorpresa, può rivelare la sua profondità la quale è sempre oltre le apparenze o il singolo istante che si sta vivendo.

Questa è la prospettiva pasquale nella quale siamo stati introdotti durante la notte appena trascorsa, esperienza che ci permette di approfondire il senso dei nostri giorni e il gusto che custodisce il cammino orientato verso la meta.

Se è vero che il nostro corpo porta in sé una memoria relazionale segnata dagli ambienti e dalle persone con le quali abbiamo condiviso esperienze di vita e, all’improvviso, evoca emozioni e risonanze proprie del nostro passato, è anche vero che ciascuno elabora in modo unico e personale gli accadimenti e proprio la luce pasquale permette di scorgerne il colore autentico e la sintonia con il Cielo.

L’esperienza della Pasqua, dunque, ci dona la possibilità di leggere gli eventi che hanno attraversato la nostra vita e ci permette di rimanere protagonisti attivi del cammino e della missione che ci viene consegnata.

Viene restituita dignità al corpo che ora viene trasfigurato dalla luce del Cielo, non c’è più rottura tra Cielo e terra ma tutto può partecipare del bene se ci lasciamo abitare dal dono dello Spirito.

La società globalizzata, piuttosto, solo apparentemente pone al centro il corpo, in realtà è un corpo misconosciuto, magari esaltato per l’esteriorità e la bulimia del piacere ma, di fatto, è negato e svalutato. Viene trattato quale luogo del possesso e dell’accumulo esponendo, così, ad una grande frammentazione delle relazioni, usate con fare autoreferenziale, e al sovrappeso proprio di chi si tratta con avarizia. Tale è un corpo che volge alla morte e che trova nella terra il suo epilogo.

Il corpo appeso alla Croce, invece, è il corpo del Risorto e la Scrittura rivela la continuità tra quella consegna e il passaggio oltre la tomba. L’agire del Padre non si oppone alla crocifissione ma la rende luogo di sconfitta delle brutture del male e, in ultimo, della morte stessa. Entra nella morte per aprire una via nuova aldilà della tomba così come nel passato era successo per Israele dinanzi al mar Rosso.

È la via nuova quella che ci rivela la Pasqua, e la corsa si traduce in un’urgenza del quotidiano che non può più attendere ma abbisogna di consumarsi nell’amore e per amore.

La Pasqua è il racconto di una ricerca che rimanda ancora più avanti, a scorgere i segni nella quotidianità che porta un senso nuovo perché abitata dalla presenza del Risorto. Al corpo è restituita dignità perché è attraverso la corporeità che attraversiamo il viaggio della vita e così manteniamo la continuità del cammino.

Comprendiamo, dunque, le domande che saranno poste ai discepoli: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” e poi “ Perché state a guardare il cielo?”. L’esperienza della Pasqua rimanda alla Galilea e cioè al quotidiano dove si vive l’amicizia con il Risorto e dunque si affronta la realtà, senza fughe, da discepoli. È allora che la storia di ciascuno diventa opera di Dio e rivelazione della bellezza che ci accomuna al Cielo.