Giugno 2025
L M M G V S D
 1
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
30  

Argomenti

Educativa di strada, Palermo, Ricerca di Dio, Testimoni

Rapiti dalla Luce

Prospettiva inversa è quella di cui abbiamo bisogno, un pensiero divergente che resiste alla lettura lineare della vicenda umana ridotta ad una sommatoria tra causa ed effetto.

Certamente la fatica del quotidiano e, sovente, le ferite che vengono ad accumularsi negli anni catalizzano l’attenzione e la memoria assorbendo in un chiaroscuro malinconico la spiegazione dei propri giorni. Ma ciascuno è molto di più e mai simile rassegnazione potrà descrivere il mistero dell’esistenza.

Abbiamo bisogno, piuttosto, di una prospettiva che rilegga il senso della storia personale secondo il desiderio della meta di cui, già, il quotidiano porta il sapore. Non si tratta della ricerca di riscontro immediato che  alimenta l’illusione di controllare i giorni riempendo di continui appagamenti il tempo che scorre, ma di imparare il senso dell’attesa e della distanza entro cui coltivare le relazioni e il dono di sé.

La veglia pasquale ci introduce a questa esperienza la cui la luce irrompe nella notte dell’umanità per destare dal sonno e procurare un senso nuovo.

L’attesa di questi quaranta giorni e il silenzio che ha segnato il triduo pasquale fino al lungo sabato di fronte alla morte, ora lascia lo spazio ad una domanda di fronte alla tomba vuota: “Donna perché piangi?”

Maria insieme alle altre donne avevano atteso, dato spazio all’ascolto, si erano mosse alla ricerca dell’amato anche se ferite dal senso della morte. Senza sosta si rimarrebbe immersi nella frenesia del tempo da riempire per rimuovere le tracce della morte, così come senza pause nel dialogo ci si riempie di monologhi per anestetizzare la memoria ed il cuore.

Alle donne giunte al sepolcro viene ricordato che Lui doveva patire per poi essere crocifisso e così donare la vita per tutti, è la memoria dell’amore sino alla fine ad essere posta al centro della Pasqua.

Viene destabilizzata la memoria d’Israele abituato a celebrare la Pasqua quale memoriale della liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Ora irrompe l’evento Cristo e, a compimento della sua vita, libera ogni popolo dall’ultima schiavitù che è la morte.

Non è più la terra promessa il segno della speranza e non è più necessario abitarla per celebrare la Pasqua, ma è l’incontro con il Risorto a segnare la nuova festa per l’umanità intera. Non si tratta di un incontro formale ma di accoglierlo nella propria esistenza permettendogli di entrare in tutti i meandri finanche la paura della morte.

Adesso l’essere segnati dalla precarietà che ci ricorda il perire quotidiano, acquista una senso inedito perché è l’amore a risignificare lo scorrere dei giorni.

Lui è entrato nella morte amando e perdonando tutti, e questo ingresso dell’Amore nella tomba ha spento ogni potere che la paura di perdere tutto aveva sull’umanità. La comunione con Lui diventa esperienza di guarigione da ogni ferita mortale per cui la vita personale diventa occasione per condividere l’amore ricevuto, esperienza di donazione perché nel segno dell’amore tutto è entrato nell’eternità.

Quando organizziamo i nostri giorni accumulando possessi o oggettificando le relazioni a nostro uso e consumo, di fatto, poniamo le premesse per vivere d’inimicizia e conflitto condannandoci ad una vita che deve evitare l’evidenzia della morte. Si nutre, così, la patologia del vivere e si spegne la passione e il desiderio della meta,  tutto rimane svuotato di senso…

È in questo sepolcro che il Signore entra ma dal mattino di Pasqua la pietra è rotolata via, a ciascuno è dato di accedere per vedere che la tomba è vuota.

Nasce una consapevolezza nuova: l’esistenza personale volge verso il compimento e non verso la fine dei giorni. Il tema non è tanto la vita dopo la morte ma la luce che custodiamo nel cammino quotidiano.

Il sapore dell’eternità è già presente nell’esperienza di ogni giorno se ci lasciamo abitare dal Risorto e ogni nostro gesto può parlare dell’eternità quando accogliamo il dono della Sua vita, in quel caso non riveliamo più noi stessi ma un Altro.

Questa è la risposta cristiana dove la testimonianza precede le parole, e il quotidiano rivela per cosa si vive e, soprattutto, con chi si cammina. Quando Maria è chiamata per nome riconosce che è l’amato a stargli di fronte, non ha più bisogno di piangere e neppure di trattenerlo, lo porta con sé ed è perciò che diventerà apostola cioè annunciatrice del dono ricevuto.

In questa veglia di Luce ricordo con affetto il caro Leonida Bombace, oggi in Cielo, il quale era un “guardiano della Luce”.  Lui aveva sposato la causa di Danisinni ritenendo che nei piccoli del mondo sta la sensibilità che accoglie in pienezza il dono del Cielo e insieme ad altri amici – con cui aveva fondato NoCap – si era occupato di fare uscire tanti lavoratori immigrati dalla schiavitù del caporalato e le donne dalla tratta.

Restituire loro la dignità di un lavoro per tornare ad una vita dignitosa era per lui una missione di vita, Leonida aveva scelto la buona battaglia e ne è uscito vincitore perché la sua tomba è stata visitata dal Risorto.