Ottobre 2024
L M M G V S D
 123456
78910111213
14151617181920
21222324252627
28293031  

Argomenti

Consultorio familiare, Educativa di strada, Palermo, Psicologia della Religione

Ritrovare desiderio

Facciamo fatica a sottrarci ad un’identità estetica e cioè dalla continua ricerca di riconoscimento dettata dall’apparenza consegnata all’opinione altrui. I social, in particolare, ci permettono un’esposizione pubblica che può essere misurata dai like di un momento e che vorrebbe dire della nostra bontà e, perfino, del nostro diritto ad esistere.

Quella che biblicamente viene indicata come “vanagloria” costituisce una continua spinta al nutrimento espansivo del proprio ego fino ad arrivare a comportamenti socialmente perfetti ma privi di gratuità e cioè di movente basato sul bene altrui.

Il Bene, quello autentico, invece è contraddistinto dal desiderio di felicità per l’altro e, dunque, non parte dallo sguardo rivolto a se stessi ma sull’altro e sul suo reale bisogno.

Viviamo in una società che manca del desiderio per l’altro, la quotidianità spesso è strutturata attorno a se stessi, al comfort personale che diventa il criterio di discernimento per ogni tipo di scelta. Anche molti progetti che piovono dall’alto sui territori sono pensati per la maggiore visibilità possibile dell’istituzione che elargisce i fondi e non per la reale utilità dei destinatari.

La società dell’immagine ha persino trasformato la carità in alibi per parlare e giudicare tutto e tutti. Chi offre il proprio contributo si sente autorizzato a ergersi al di sopra degli altri esprimendo sentenze a seconda delle proprie opinioni. Le stesse periferie esistenziali delle nostre città vengono strumentalizzate da questo culto narcisistico di sé e, di conseguenza, guardate come luoghi da colonizzare e sfruttare per la propria immagine.

Scendere da questo piedistallo è responsabilità comune se davvero intendiamo contribuire alla crescita comunitaria e se vogliamo maturare una identità inclusiva, capace di accoglienza del prossimo.

Significa, anche, legittimare nella società corpi solidi e cioè con una loro identità capace di interloquire con le nuove generazioni dando una definizione di senso. La casa, ad esempio, è stata svuotata di senso da una pressante campagna emancipatoria dove non esistono ruoli e scopi e tutto viene affidato alla provvisorietà.

Quando la relazione tra partner è dettata dall’amore del momento allora non c’è proposta di stabilità per poggiare il domani delle nuove generazioni. I figli non vengono più intesi come soggetti dell’alleanza ma oggetto del desiderio, il criterio – apparentemente emancipatorio – diventa il possesso a proprio piacimento… e poi?

Facciamo fatica ad orientarci nel “poi” al punto da avere totemizzato la giovinezza come la stagione di sempre e, quindi, giustificando la fuga da ogni tipo di responsabilità adulta perché stabile.

In questo ginepraio di interpretazioni la permanenza così come la solidità sono diventati un problema, tutto è ridotto alla precarietà del momento e la stessa definizione identitaria è affidata alla omologazione o alla fusionalità. All’idea che ci ha visti impegnati per una società senza classi sociali è subentrato il nuovo paradigma della società senza sessi, neutrale e, pertanto, libera!

Il Vangelo di questa domenica (Mc, 9, 38-48) pone Gesù di fronte ad una questione paradossale: i discepoli accusano una persona che sta facendo del bene pur non essendo uno di loro. L’appartenenza alla Comunità da quei discepoli viene intesa come un criterio di esclusività e, dunque, come luogo di potere da esercitare a differenza degli altri.

Poco prima i discepoli avevano discusso su chi, tra loro, fosse il più grande e quindi avevano mantenuto la visione basata sul più forte secondo la linea del potere, pretendendo di seguire il Maestro con una mentalità vecchia.

Ora Gesù dice loro di non impedire il bene altrui e piuttosto di non scandalizzare i piccoli. Scandalizza, e quindi divide, chi utilizza la visione, l’azione e le scelte di vita per appropriarsi dell’altro subordinandolo al proprio ego. Lo sguardo, le mani e i piedi, piuttosto, devono essere a servizio del bene altrui e pertanto possono essere “tagliati” e cioè sacrificati per vivere del Vangelo.

La differenza cristiana è data da nuovi criteri di lettura della realtà e di messa in gioco secondo lo spirito evangelico.

La tentazione dell’esibizionismo è sempre dietro l’angolo per cui abbiamo bisogno di rinunciare al plauso per rimanere ad operare nel segreto e, così, essere ricompensati nel Regno dei cieli.

Dalla ricompensa che si attende, infatti, dipenderà la direzione della propria vita. Se il tesoro ricercato è quello che passa allora non potrà esserci spazio per il Cielo. In genere il profitto per sé è di un momento e lascia puntualmente inappagati, ma la ricompensa del Cielo la si ottiene insieme agli altri e, in particolare, a quanti sono stati serviti dalle proprie azioni quotidiane.

Il bene va compiuto senza riserve, tutto il resto è conseguenza.