Memoria è scegliere
Il giorno della memoria è patrimonio di consapevolezza per l’umanità intera. Siamo tutti chiamati a riflettere ricordando le tracce delle esperienze passate per maturare scelte nuove che prendano le distanze dai mali che hanno segnato la storia ma che potrebbero ripresentarsi.
Il delirio nazista già nel 1933 aveva portato alla pianificazione di campi destinati ai “nemici dello Stato” ossia comunisti, socialisti, omosessuali, Rom, Testimoni di Geova, e quanti venivano considerati devianti rispetto al potere istituito. Furono creati più di 44.000 campi e dal 1938 furono gli Ebrei ad essere arrestati in massa e deportati fino a trasformare i campi di concentramento in campi di sterminio, si pensi che solo il campo di Birkenau, che faceva parte del complesso di Auschwitz, era dotato di quattro camere a gas dove si arrivò ad uccidere fino a seimila Ebrei al giorno…
Quando il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche entrarono nel campo Auschwitz e liberarono i prigionieri sopravvissuti trovarono gli orrori dei lager, sebbene i tedeschi avessero distrutto buona parte dei magazzini si trovarono più di un milione di vestiti e tanto altro…
Si fa fatica a scrivere di quei fatti ma la memoria abbisogna di narrazione per elaborare ed impegnarsi a costruire un orizzonte di senso che permetta ad ogni essere umano in ogni angolo del pianeta di aborrire ogni forma di crudeltà.
L’elaborazione, dunque, è un fatto collettivo e non individualistico, coinvolge tutti ed è attraverso il reciproco rispecchiamento che è possibile prendere le dovute distanze da ciò che ferisce fino a sfigurare l’identità umana.
Chiedere l’osservanza del Giorno della Memoria, inoltre, restituisce voce e memoria a tutti gli abomini che hanno comportato stermini di interi popoli lungo la storia. Ricordiamo, ad esempio, il genocidio dei nativi americani o il più recente genocidio del Ruanda che costò la vita in appena cento giorno a un milione di persone, o ancora i massacri delle foibe…
Non serve tenere presente le memorie storiche se poi non decidiamo di cambiare in meglio il nostro presente e oggi il paradosso è che si continui ad utilizzare la violenza per ottenere quella che solo apparentemente viene chiamata “pace”.
Abbiamo bisogno di una riscrittura collettiva capace di restituire senso ai giorni, voce ai piccoli, luce a chi è rimasto ferito ed oppresso dalle vicende della vita.
La memoria è l’antidoto alla distrazione di massa: già dal punto di vista neurofisiologico l’iperstimolazione data dalle piattaforme social e dal mondo virtuale, abitato con modalità multitasking, genera un’attivazione del lobo frontale che sacrifica le aree della memoria a lungo termine.
Come se il cervello venisse riprogrammato secondo una reazione immediata che risponde al tutto-subito proprio del sistema dei consumi. Viene a mancare, così, la tenuta propria della consapevolezza, l’elaborazione critica e la capacità di un pensiero identitario. L’unicità, dunque, viene sacrificata in nome dell’appartenenza, dell’omologazione propria del pensiero unico.
La nostra mente, piuttosto, abbisogna di ridondanza e confronto. Ad esempio, quando leggiamo un libro cartaceo quel tempo di lettura assume un ritmo secondo il rimando continuo tra scritto, letto e riflesso portando alla concentrazione e al gusto che, poi, determina le scelte.
Fare memoria, dunque, è scegliere che umanità essere, è decidere come abitare questo mondo.