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Forte è l’umile

“F” come Forza. Quale è la tua forza? Forse pensi di essere invincibile, di giocare a non vederti ed indossare un impermeabile che impedisce di sentire e di emozionarsi, che ti protegge dalla fatica quotidiana, dalla paura, dal pianto, dal dolore?

Essere forti, per alcuni, equivale a trattare la propria vita al pari di un automa, un robot da nutrire con il cibo, con piaceri vari, con l’avere e con tante manie di grandezza che sempre più corrodono interiormente, fino a lasciare spenti.

Il forte basta a se stesso, per lui chiedere è da deboli e quindi oggetto di commiserazione. Pavoneggia la sua forza e assume un atteggiamento di sfida percependo l’altro come un potenziale avversario e, quindi, da sottomettere.

Eppure accade che un giorno ti svegli e tutto ad un tratto scopri di non essere al centro del mondo ma povero e mortale. La malattia e la morte ricordano l’umana fragilità, fanno atterrare ricordando che quel tipo di forza è pura fantasia.

Questo può accadere in modo inusuale quando si è nel pieno del vigore della vita, magari correndo a ritmi frenetici per garantire prestazioni eccellenti. Tutto ad un tratto, però, ti scopri cieco!

Così accadde al fiero Paolo poi divenuto l’apostolo delle genti. Prima però si ritrovò per terra e fu la prima volta che dovette chiedere aiuto. Il forte deve passare per l’umiliazione per divenire tale. Paolo un giorno riuscirà ad affermare: “Quando sono debole è allora che sono forte”!

Pensate, ancora, a quel che accadde al giovane san Bernardo da Corleone, cappuccino del 1600, il quale ebbe a ravvedersi dopo avere ferito quasi mortalmente l’avversario che lo aveva sfidato in duello con la spada. Proprio il Manzoni ne descriverà il travaglio nella figura di fra Cristoforo. Avere colto che con la sua superba fortezza sarebbe stato capace di uccidere un uomo, fece crollare quell’uomo così passionale fino trasformarlo in un servo umile e minore secondo la regola di Francesco d’Assisi.

C’è una forza che è propria dell’uomo di fede e cioè di chi risponde ad una chiamata e sposa la causa dei piccoli, la buona battaglia per custodire il Regno dei Cieli.

La forza che permise a Gesù di resistere alle tentazioni, all’invito di cambiare la natura delle cose per averne un piacimento. La pietra non è pane e non è possibile nutrirsi di ogni cosa e Lui, piuttosto, sarà capace di fare della sua vita pane spezzato per nutrire gli altri. O ancora la forza con la quale si rifiutò di assumere un potere spettacolare capace di suggestionare e così asservire a sé le genti.

La sua autorità fu manifesta nel consolare i piccoli e nel pagare in prima persona il prezzo di quella contaminazione, così poco tollerata dagli uomini di potere. È la forza che resiste alle seduzioni delle ricchezze che vorrebbero dare un prezzo ad ogni vita umana.

La forza della fede porta oltre e fa attraversare ogni vicissitudine mantenendo la direzione. E ciò non equivale ad assenza di paura ma a capacità di consegna e di fiducia nell’Altro a cui si appartiene. A compimento della Sua missione, nel Getsemani, Gesù consegnerà tutto affinché la gloria del Padre potesse manifestarsi passando per l’umiliazione del Figlio.

“Chi si umilia sarà esaltato”, aveva già detto il Maestro e ciò è possibile quando si coltiva la fiducia nel Padre. Ciascuno ha il compito di trovare la via, illuminato dalla Sua presenza, per attraversare la storia facendo la propria parte e, così, donando il proprio contributo nel quotidiano.

“F” come Forza dunque, come Fede e Felicità perchè la Fede porta alla gratitudine del cuore. Risuonano con forte eloquenza le parole del caro don Pino Puglisi: “Venti, sessanta, cento anni… la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo Amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo.“