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Palermo sfregiata

Palermo rimane scossa dai recenti episodi di efferata violenza da parte di un branco di adolescenti nei confronti di una diciannovenne, il fatto ha svelato la grande fragilità del sistema educativo e la povertà di valori e di cultura che sfregia la nostra città.

Potremmo cadere, però, nell’errore di fermarci ai sintomi rimanendo su un piano emergenziale e interventista che, di fatto, non procura cambiamento e cerca solo di rasserenare le coscienze. Altra reazione potrebbe essere quella di una violenza altrettanto grave nei confronti del branco di turno cadendo nella logica del capro espiatorio che distrae dalla lettura di un fenomeno molto più complesso e che ci vede tutti responsabili.

La miseria di stile comincia con la competizione arrivista che ogni giorno viene fomentata dal mondo adulto per ottenere maggiore potere e guadagni a discapito del malcapitato di turno. Questa ambizione colpisce ogni area e ceto sociale anche se è da riconoscere che l’operazione sistematica di concentrare servizi ed infrastrutture esclusivamente in alcuni quartieri delle città, lasciando ai margini intere fasce di popolazione che si trovano a vivere nelle periferie urbane gravemente degradate, contribuisce a ingenerare livelli di disumanizzazione sempre più crescenti.

Imparare a vivere le relazioni rispettando l’altro e il mondo circostante è la grande sfida dei nostri giorni. Si dà per scontata la vita sociale e in realtà questa abbisogna di un apprendimento che va dalla famiglia alla scuola, dalla strada ai centri educativi, dalla chiesa ai circoli culturali.

Per le nuove generazioni anche il web è da considerarsi come un privilegiato luogo vitale che abbisogna di cura e in particolare le piattaforme social costituiscono degli spazi di interscambio che, di fatto, fungono da domini culturali che dettano regole e stili di vita.

Fin dai primissimi anni la famiglia insieme alle altre istituzioni formative hanno il compito di assumersi la responsabilità educativa senza delegare allo smartphone la strutturazione del tempo e della regolazione emotiva di piccoli.

Troppo spesso assistiamo a crisi isteriche da parte di bambini che si trovano privati dello schermo che hanno avuto come compagno di crescita ancora prima di avere imparato a camminare.

Questo significa che il muoversi verso l’autonomia è anticipato dall’appoggio emotivo in uno strumento che – diversamente dall’oggetto transizionale, concettualizzato da Winnicott, riferito alla comparsa, durante lo sviluppo infantile, di un oggetto con la funzione di acquietare l’angoscia emotiva e di mediare tra la realtà interna e il mondo circostante – espone ad una dipendenza capace di stimolare una illusione smisurata ed onnipotente che non ammette limite.

Se l’oggetto transizionale ha la funzione simbolica di insegnare a tollerare la frustrazione dovuta alla mancanza dell’oggetto nutriente generato dall’accudimento materno, l’elevata esposizione digitale inibisce la capacità associativa-simbolica e lo sviluppo del linguaggio espressivo del bambino con evidenti ricadute nell’ambito della salute psico-sociale.

Abituare i piccoli a mangiare o ad addormentarsi dinanzi ad un dispositivo digitale ha delle conseguenze rilevanti così come l’uso che se ne fa per la regolazione emotiva acquietando il pianto attraverso l’utilizzo smisurato. È la premessa per sostituire la relazione genitoriale con l’ambiente digitale che diventerà, negli anni successivi, il contesto di apprendimento principale per conoscere e stare nel mondo circostante.

Il nostro pensiero ha perso la grammatica del prendersi cura e della gratuità, del sacrificarsi per il bene comune e del senso del limite che è rispetto delle regole e capacità di riconoscere la propria fragilità e il bisogno altrui.

La riflessione, dunque, va orientata all’ambito preventivo ed educativo piuttosto che a quello dell’intervento repressivo o di controllo sociale. Senza una visione capace di promuovere fiducia e cura relazionale si rimarrà a ragionare in termini di sicurezza e di individualismo allineandosi, cioè, a quanto prepara l’ostilità e l’escalation di violenza.

Diceva Danilo Dolci, che di Palermo ha conosciuto i meandri più nefasti, “ciascuno cresce solo se sognato”. Fino a quando non sapremo restituire ai piccoli sguardi di fiducia e di incoraggiamento per crescere con speranza rivolti al futuro, ogni intervento sarà privo del calore necessario per trasmettere la bontà della vita e del diritto a costruire un mondo migliore, certo più bello di quello che abbiamo trovato.