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Alfabeto, Educativa di strada, Palermo, Psicologia e vita, Ricerca di Dio

La sorpresa del Dono

Nel tempo della sorpresa preconfezionata così come, genialmente, il mercato dei consumi simbolizza nell’uovo di pasqua, oggi abbiamo bisogno di ritrovare il senso autentico del dono, del regalo che va oltre il calcolo interessato così come ci rivela l’esserci.

La vita è un dono, nessuna programmazione potrebbe prevederci, la vita è mistero: a ciascuno accade di esistere. Il dono apre alla gratitudine proprio perché non ha un prezzo, doniamo perché portiamo il sapore di quel che ci è stato donato. Non siamo mai fonte primigenia del dono, chi è capace di donare è perché ha imparato a ricevere.

Certo, c’è pure chi si muove a senso unico, chi è abituato a dare senza mai accogliere alcun dono. È rischioso questo movimento, può fare scivolare nel gusto di pensarsi autosufficienti, al di sopra degli altri. Questi sono i cultori di se stessi ma quel che è da loro dato non si chiama dono!

Il dono è meraviglia per chi lo riceve ed è gioia per chi lo consegna. Presuppone il pensiero per l’altro, il tenerlo nel cuore così come lo scegliere qualcosa da regalargli. E non si tratta semplicemente di oggetti da donare, casomai quelli veicolano il senso di una relazione. Altrimenti l’oggetto diverrebbe luogo di potere, per legare a sé l’altro ricattandolo con il fascino dell’avere.

Ciascuno può riconoscersi dono per l’altro e scoprire che chi gli sta accanto è pure dono per sé. È per questo che il matrimonio inizia con l’espressione “ti accolgo”, come ad indicare che l’altro non è mai conquista da padroneggiare, ma regalo da custodire.

Anche il Creato con ogni forma vivente è dono per l’essere umano, incredibile la custodia che ci viene affidata. Forse il concetto di “proprietà” ci ha un po’ confusi sul senso delle cose e sul come siamo chiamati ad abitare questa terra. Intere vite spese per avere, ma il possesso non potrà mai procurare il gusto del dono gratuito. Il possesso chiude nella fame di continui bisogni. Il dono invece apre alla gratitudine e al desiderio di bene, cioè di potere condividere perchè è esperienza che si moltiplica ogni volta che l’accogliere si trasforma in donare.

È per questo che Francesco d’Assisi raccomandò ai suoi frati di vivere in povertà, perchè spogli di tutto potessero continuare a vivere pienamente del dono: il servire da minori e la provvidenza da accogliere ogni giorno. Essere minori significa fare spazio all’altro, venire dopo, non guardare dall’alto in basso. Cedere il proprio posto è una espressione tipica del dono, così come si faceva da ragazzi sull’autobus quando vedevamo salire una persona più grande di età.

Nel Vangelo si narra una parabola in cui un uomo consegnò diversi talenti, in misura differente ai suoi servi. Al suo ritorno i primi avevano custodito i beni del padrone attraverso una vita impegnata servendosi di quello che avevano ricevuto, non immersi nella frenesia del fare ma servi incoraggiati dalla fiducia che il Signore aveva dato loro. Un ultimo servo invece si era chiuso nella paura di perdere ciò che aveva, temeva pure il padrone, e non era riuscito ad accogliere il dono ricevuto, piuttosto lo aveva solo nascosto!

La vita di ciascuno è un dono inedito e irripetibile, ad ogni persona è dato di vivere ma quando è la paura a dirigere le proprie scelte allora il dono si spegne, non è più capace di portare frutto.

Il rischio più grande, quando si vive a piene mani, è il per-dono, sapere donare malgrado l’offesa ricevuta. Ciò sta ad indicare che nessun male può strapparci il dono che siamo, nessun potere malvagio può dominare l’esistenza di ciascuno, essere custodi equivale a matenere la libertà che ci è stata regalata. Per perdonare bisogna essere liberi, capaci di gratuità estrema, basata sul desiderio di bene per l’altro, è quello che si chiama amore e, dunque, capacità di stare in relazione 1×1.

Quanti genitori, mamme e papà di ogni tempo, sono stati capaci di perdono. Esprime dunque l’accudimento adulto, ossia l’agire di chi si sente custode dell’altro che ha ricevuto in dono.

Un giorno Pietro, il passionale apostolo di Gesù, incrociò lo sguardo del Maestro e subito dopo scoppio in pianto. Poco prima lo aveva rinnegato tre volte, lui che era stato disposto a combattere con la spada di fronte ai soldati, si trovò a fuggire quando gli fu chiesto di mettere giù le armi.

Il dono dunque, ci consegna alla vita impotenti ma fiduciosi, disarmati e pertanto capaci di dare più che di trattenere. Il dono in realtà, lo sussurriamo a bassa voce, è proprio di chi si sente custodito dal Cielo.

“D” come Dono dunque, Dividere, Domandare e Dare.

Come diceva Giovanni Paolo II: “Che meraviglioso destino! Vivere di Dio e con Dio sempre, per essere felici in eterno insieme a Lui”.