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Psicologia della Religione

Contesto socioculturale e nuove “spiritualità”

Il fenomeno è da collocarsi all’interno di una cultura che vorrebbe legare la qualità della vita all’accumulo in eccedenza e alla continua innovazione che fa “dell’usa e getta” e del “tutto e subito” il parametro di felicità.

Ne consegue una spinta smisurata al bisogno e, di conseguenza, alla perdita di gusto e desiderio consegnando le nuove generazioni ad un pericoloso vuoto esistenziale.

Secondo questa “didattica esistenziale”, di tipo quantitativo e non qualitativo, l’indipendenza individuale è stata intesa come occasionalità del vivere e cioè fragilità dei legami e delle scelte, come se l’individuo potesse simultaneamente riassumere molteplici direzioni di vita.

In nome dell’autonomia sono stati svalutati i legami a motivo di un pregiudizio di fondo: libero è chi non dipende ma noi umani siamo tutti interdipendenti! Altra cosa è l’assoggettamento, la ricerca simbiotica, l’infantilismo di molti adulti.

Ne è scaturita una grande frammentazione interiore, storie ad intermittenza continuamente ferite a motivo della discontinuità nei rapporti e nelle scelte, e tutto è diventato relativo e cangiante.

Simile omologazione culturale, in realtà, non lascia spazio alla diversità e al confronto critico senza dovere nutrire inimicizia o, ancora,  alla dialettica propria della creatività. La monotonia del mondo contemporaneo nutre questo respiro, cioè intossica le menti e spegne la capacità di differenziazione.

Alla base sta una visione monista della realtà tipica della corrente di pensiero New Age, ogni soggetto è considerato parte dell’unica Mente e la esprime come se ne fosse un canale, ciò che conta è arrivare ad immergersi in modo fusionale nell’Energia divina. Un’esperienza spersonalizzante di immersione nell’energia cosmica e  di espressione del cosiddetto “potenziale umano” credendo di  arrivare a poteri sovrumani.

Si tratta di un nuovo paradigma di vita maturato a partire dagli anni sessanta dal confronto tra la cultura americana e quella europea che, di fronte alla crisi dei valori cristiani, ha promosso la privatizzazione dell’esperienza religiosa ed il fascino per lo spiritismo.

Il movimento New Age reagì anche alla delusione data dal mito tecnocratico che ha schiavizzato ulteriormente l’individuo e, dunque, in alternativa ha propinato l’esperienza di leggerezza e di partecipazione impersonale all’energia vitale, cioè una immersione dell’io nel tutto senza più distinzione tra dentro-fuori, anima e corpo, intelligenza e sentimento.

Comprensibilmente è venuto meno il rapporto dialogico con Dio e la domanda di senso, così l’individuo è stato consegnato alla spinta del mercato dei consumi e alla ricerca di una emozionalità frizzante che, di fatto, non trasforma il vissuto interiore. Esperienze di superficie che contribuiscono ad alimentare un cospicuo vuoto esistenziale.

A partire dagli anni ottanta ne è derivata una ampia diffusione di due fenomeni: le  psico-sette che aprono ad una conoscenza salvifica psicologica capace di liberare l’individuo da ogni gravame (stress competitivo, ansia del vivere) e le sette di matrice esoterica e magica che propongono la conoscenza di sé e del mondo attraverso l’evocazione di energie o entità accessibili solo a pochi.