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Educativa di strada, Palermo, Psicologia e vita, Testimoni

DARE Spazio è un progetto di vita

DARE voce del verbo riconoscersi per accogliere, donarsi per generare, custodire per restituire alla vita. È il processo umano all’interno del quale nasce D.A.R.E., acronimo che significa Danisinni – Ambiente – Rigenerazione – Ecosostenibilità.

Un’impresa sociale che muove dalla riappropriazione della bellezza che ciascuno porta con sé, per esprimersi nella cura del bene comune e nell’offerta di un lavoro onesto e competente.

La sfida che orienta il processo di rigenerazione Danisinni è quella di andare oltre le apparenze custodendo una visione che non si lascia imbrigliare dalla logica del “tutto e subito” o dell’ “usa e getta” la quale finirebbe col  produrre scarto sociale e ambientale, frammentazione e indifferenza.

Il percorso rigenerativo, piuttosto, si è aperto all’affezione che dà valore alle relazioni e alle opere, e che coglie il tutto nella piccolezza, da intendersi non come chiusura ma quale capacità del singolo di non esaurirsi in se stesso.

La nuova impresa nasce dal territorio e quindi dalla localizzazione secondo una prospettiva di ecologia integrale dove la cura dell’umano passa anche per quella dell’ambiente abitato. Il riconoscimento dei volti delle persone, infatti, è intimamente unito al rispetto del contesto in cui vivono. La fattoria comunitaria di Danisinni è stato il trampolino di lancio per aprirsi alla città, partire dalla cura del bene comune e, oggi, arrivare a lavorare nei giardini palermitani.  

Il recupero degli scarti di plastica per riciclare e realizzare manufatti utili al decoro urbano è metafora della restituzione di una seconda vita a quanti, per differenti ragioni, rischiano di rimanere marginalizzati dalla società.

Recuperare, riparare, restituire riconoscimento, dunque, sono pilastri su cui si regge il processo rigenerativo di DARE che intende condividere buone pratiche esperienziali e di cura della città di Palermo.

Sovente assistiamo ad ingiustizie tacite, come quella di chi non riesce a trovare lavoro, che vanno contrastate al pari delle ingiustizie più manifeste. È il caso del gruppo che partecipa a DARE, cinque persone a cui veniva precluso il diritto al futuro: due perché con precedenti penali, uno per l’età avanzata e altri due perché privi di esperienza per la giovane età. Persone animate da buona volontà che si sono scontrate con il limite dell’inserimento lavorativo trasformandolo in un’occasione per mettersi in gioco assieme.

La fragilità di ciascuno è diventata punto di forza per condividere reciprocità e spirito cooperativo, rifuggendo l’idea di potercela fare da soli. Nel tutto, in questo caso l’impresa sociale, viene custodita la singolarità di ciascuno e ciò ha permesso di acquisire uno sguardo integrale frutto del confronto e dell’ascolto vicendevole.

La nuova impresa, dunque, elude lo spirito competitivo caratterizzante il nostro tempo e poggia sullo spirito di fraternità dove nessuno deve sentirsi escluso e il “dare spazio” fa da valore cardine per sostenersi a vicenda.

Il percorso che ha permesso la start up è un’esperienza di Chiesa che vive i territori favorendo lo spirito di fiducia e di gratuità. Il dono della Caritas diocesana e di Fondazione Azimut, hanno permesso di acquistare gli strumenti necessari ed il luogo dove ubicare l’impresa nascente. La Comunità di Danisinni ETS, quale delegata della Parrocchia Sant’Agnese, ha assunto il compito di custodire ed accompagnare il processo di gestazione che oggi vede nascere DARE.

Il dono gratuito fondato sulla fiducia nelle persone, genera legami che non equivalgono a sottomissione o a vincoli di potere ma sono fondati sulla stima e sulla generosità reciproca. È per questo che la nuova impresa sociale rimane ancorata al territorio di Danisinni offrendo il proprio servizio e la sede per progettare e, così, offrire alla città una specifica competenza nella manutenzione dei giardini e degli interni delle case.  

La Comunità di Danisinni, offrendo i luoghi e i beni strumentali, educa alla autonomia e propone un differente modello di impresa sociale dove non è la proprietà esclusiva a garantire il processo ma l’interscambio tra i soggetti coinvolti e la responsabilità condivisa.

Restare umani custodendo la dignità di un lavoro è il senso di questa esperienza e ciò non perché il lavoro in sé renda umani, abbiamo esempi in cui la frenesia lavorativa disumanizza intere fasce di popolazione, ma perché è lo strumento volto alla cura della propria famiglia e che permette di partecipare, con spirito di solidarietà, al benessere di altri che possono essere nel bisogno.