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Educativa di strada, Ricerca di Dio

Cercatori di un nuovo inizio

Ciascuno risponde ad una chiamata e a nessuno è dato di autodeterminarsi privo dell’ascolto. Lasciarsi condurre è l’arte dell’umile, ben diversa da chi si passivizza fino a dipendere da altri o da chi rimane trincerato dietro le proprie opinioni elevate ad ideologie. L’umile, piuttosto, sa di non potere bastare a se stesso e comprende che la vita abbisogna di ascolto per scoprire ciò che siamo e quale missione custodisce la nostra esistenza.

Rifletto su come in questi giorni le narrazioni del Festival di Sanremo hanno portato molti a schierarsi contro o a favore di performance e canzoni che con il loro linguaggio hanno inteso stabilire un contatto, denunciare un sistema, opporsi a qualcosa o a qualcuno, così come sposare cause e cercare strade umanamente possibili. Mi sorprende, però, leggere tra le righe tanta inimicizia anche tra noi cristiani spesso mascherata dalla causa di bene da difendere. La  verità privata dell’amore rischia di diventare una terribile arma e, allo stesso modo, la risposta alla chiamata, ma senza l’ascolto, è solo un muoversi attorno a se stessi!

Ben altra è la provocazione che ci viene dalla pagina del Vangelo di oggi, Lc 5, 1 – 11, dove il Maestro invita ad andare “fuori nel profondo” e cioè allontanarsi per andare in  profondità. Abbiamo bisogno di perdere le consuete certezze e distanziarci da schemi prefissati per lasciarci tirare fuori dalle profondità buie della vita. Il riferimento diretto è all’abisso del mare ma rimanda alla profondità esistenziale, area spesso misconosciuta la quale, se privata della Luce, finisce con l’atterrire e schiacciare i giorni secondo un meticoloso piano di superficie per lenire l’ansia e la paura.

L’invito di Gesù è volto a trovare una nuova dimensione, un nuovo centro di gravità capace di visione inedita dettata dalla fiducia e, di conseguenza, dal coraggio. La fede, infatti, apre ad un viaggio coraggioso che è differente dalla spavalderia o incoscienza di chi cerca l’ebrezza del momento.

Il coraggio è proprio di chi è capace di mettere in gioco se stesso rischiando la vita per il bene altrui, per la causa del bene comune la quale non ammette compromessi e rapporti di convenienza. La fede trasgredisce nel senso che si sottrae alle aspettative dei più ma non è la trasgressione reattiva a cui assistiamo oggi la quale denuncia un disagio ma non rivela il senso del vivere.

L’osare della fede non è un’esibizione ma un quotidiano rimanere fedeli alla propria missione di vita nonostante tutto, la capacità di mantenere un legame anche quando il mare è in tempesta e non si riesce a vedere oltre. Fede è reagire a tutte le ingiustizie che continuano ad attraversare la nostra terra e i nostri mari senza rimanere spettatori indifferenti così come accade nel Mediterraneo dove da un lato decine di migliaia di profughi hanno già perso la vita e dall’altro intere flotte da guerra, in questi giorni americane e russe, si avvicendano come a dimostrare il loro potere e la minaccia di guerra. Troppe ingiustizie trovano una fede sopita e incapace di testimonianza dettata dalla Parola.

La risposta di Pietro è esemplare per tutti: “sulla tua parola getterò le reti”. Indica che l’ascolto è l’unico modo per spingersi oltre e non si tratta di ascoltare partendo da se stessi e dall’emozione del momento. Accogliere la Parola significa scoprirsi amati e, pertanto, guariti dal dono gratuito che Dio fa di sé. Da questa esperienza d’amore si rinasce a vita nuova e l’incontro con la Parola è sempre generativo per chi l’accoglie.

L’invito alla pesca è a tirare fuori dagli abissi della morte le moltitudini e, dunque, non solo alcuni ma l’umanità intera che abbisogna di scoprire cos’è la vita.  Paradossalmente molti pensano che rimanere immersi è l’unico modo per sopravvivere ma in realtà è l’essere tirati fuori ad offrire la possibilità della vita vera.

Viene richiesto un cambio di prospettiva: non si pesca più di notte, come per logica si è soliti fare, e malgrado la fatica e la frustrazione per una nottata di lavoro senza risultato alcuno, si è chiamati a rispondere ad un invito apparentemente privo di senso.  

Il risultato non è quantitativo, il numero dei pesci rappresenta la pienezza della bellezza, perché essere ricchi significa avere  un cuore pieno e non tanto un prospero conto in banca.

L’essere pescati è come un essere concepiti e ciò accade quando si guarisce dal male. Pietro che si riconoscerà peccatore, infatti, è invitato a non temere e a lasciarsi perdonare.

Viene contestato il criterio di perfezione che vorrebbe “meritare” lo sguardo di Dio, piuttosto, l’umanità viene pescata quando sperimenta tutta la propria fragilità. Umile è chi si lascia rigenerare e cioè consegnare alla vita secondo una prospettiva che poggia sulla fiducia e sulla gratitudine. Scopre, così, che custodire la propria missione equivale a consumarsi per amore fino a perdere ogni cosa per la causa del Bene. Tornano le note della ballad romantica “Brividi” che ha appena vinto il Festival, le emozioni di una ricerca che deputa tutto all’amore ma che denuncia il sentirsi mai del tutto adeguati e capaci, pur desiderando una immersione totalizzante. Le note dell’amore sono quelle che rendono possibile la scoperta del Cielo e, a quel punto, la vita ha un nuovo inizio.